FP CGIL del Trentino
Allo studio l’infermiere di comunità
Il Ddl nazionale dovrà trovare una traduzione trentina. Colle e Cont: «Darà continuità assistenziale sul territorio e dovrà essere assunto dall’Apss»
La Fp Cgil del Trentino, coi referenti del settore Gianna Colle e Marco Cont, interviene sul tema dell’infermiere di famiglia: figura prevista dal disegno di legge in discussione a Roma. Considerata l’autonomia del Trentino, è il momento giusto per declinare anche a livello locale alcuni ragionamenti. «L’infermiere di famiglia deve essere integrato tra ospedale e territorio. Per territorio intendiamo la sinergia tra medici di medicina generale e quelli di continuità assistenziale (guardie mediche), nonché tutte le altre figure professionali: fisioterapisti, ostetriche di territorio, tecnici della prevenzione, assistenti sanitari. Tutto questo, cercando di limitare l'eccessiva frammentazione dei processi organizzativi e clinici legati al sistema delle cure primarie, potenziando veramente il ruolo del Distretto/Territorio e mantenendo una regia collegiale tra le diverse figure, prevedendo un finanziamento ad hoc e integrando la pianta organica, non a iso-risorse e iso-costo. Chiediamo che al sindacato venga riconosciuto il giusto ruolo nella fase di contrattazione e costruzione di questa figura e sottolineiamo che i professionisti dovranno necessariamente essere dipendenti assunti dall’Azienda provinciale per i servizi sanitari, evitando dunque forme di esternalizzazione che non sarebbero utili a fornire il giusto servizio».
La discussione del disegno di legge, a livello nazionale, entra nel vivo dopo la pandemia, che ha evidenziato con forza la necessità di organizzazione e coordinamento. Si inserisce, del resto, in un più ampio contesto caratterizzato dal progressivo invecchiamento della popolazione, col costante incremento di situazioni di fragilità, l'aumento della cronicità e la sempre più frequente insorgenza di multi-patologie. Oggi servono modelli organizzativi integrati, attività di prevenzione e promozione della salute, percorsi di presa in carico della cronicità, anche per dare impulso all'assistenza domiciliare e a quella semiresidenziale e residenziale. I Distretti devono diventare luoghi di programmazione e coordinamento e l’infermiere di famiglia – o infermiere di comunità – può essere la figura capace di individuare precocemente la malattia, prevenire le complicanze, gestire le cronicità e ridurre il sovraccarico sui pronti soccorso e gli ospedali.
A livello di Ddl nazionale, i sindacati chiedono di chiarire meglio come si strutturerà questa nuova figura. Altrettanto, serve chiarezza se la sua attività sarà considerata in continuità o in alternativa a quella ospedaliera. Il sindacato auspica che questa nuova figura determini una valorizzazione delle cure domiciliari e sia governata all'interno di un sistema sanitario pubblico ovvero del nostro SSP.
Quanto al rapporto di lavoro: «Abbiamo misurato con mano, e la tragedia della pandemia l’ha chiarito, i danni del depauperamento e della progressiva precarizzazione del lavoro nel servizio sanitario. Chiaro dunque che, per la nuova figura, vada prevista l’assunzione da parte del sistema sanitario. Questo anche perché riteniamo che, in tema di riforma del sistema delle cure primarie, si debba puntare a ricondurre a unità, nella sua complessità, la presa in carico e la continuità assistenziale delle persone».